Go down into the depths

Dopo l’istante magico in cui i miei occhi si sono aperti nel mare,
non mi è stato più possibile vedere, pensare, vivere come prima.
«Jacques-Yves Cousteau»


Mio cugino Luca  vive in Thailandia e ha la passione per la pesca subacquea. Egli propende per l’immersione in apnea cioè senza l’uso di respiratori. Questo è il suo incredibile racconto, una storia d’altri tempi, di passione e sacrificio, di attesa e insuccessi, un sogno immerso, inseguendo:

I grandi marlin del Mare di Cortez

Di Luca Esposito
Immaginate una spiaggia deserta, una striscia di sabbia bianchissima che corre a perdita d’occhio fino a scomparire laggiù, dietro a quel promontorio con la sua punta lontana. Una linea di confine immaginario a separare due distese immense, due mondi sublimi e silenziosi, due spazi infiniti gonfi di suoni: l’accidentato deserto messicano e all’orizzonte le sue colline brulle, brughiera, cactus e mezquite enormi a dominare l’immensa distesa, e dopo la spiaggia il mare blu cobalto, cavalloni tra il vento che sibila forte a imbiancare la loro cresta. Questa è la cornice che ha fatto da sfondo alla mia ennesima avventura a spasso per il globo per dare sfogo alla mia passione: la pesca nel blu ai grandi predoni. Non ero mai stato in Messico prima d’ora, anche perchè vivo nel Sud Est asiatico da quasi venti anni e qui l’oceano, i mari incontaminati non mancano certo; l’idea di una trasferta in Messico, tuttavia mi frullava in zucca già da tempo. L’occasione si presenta come al solito casualmente, con i soliti scambi di @ con la piccola comunità di pescatori del blu conosciuti negli anni. Il mio amico Josh va spesso in Messico anche perché vive a San Francisco in California e in paio d’ore di volo può arrivare.
La preparazione del team
É stato proprio Josh a parlarmi della guida locale con cui ha stretto una consolidata amicizia, Chay Ochoa, messicano che dopo aver vissuto molti anni negli USA è tornato a casa e ha aperto un’attività che propone safari di pesca subaquea. Chay è nato a La Paz (Baja California ndr), da molti anni vive non lontano dalla sua città, nella baia di La Ventana, nel paesino di El Serghento bagnato dal mare che capirò presto il perchè, Jacques Costeau definì come “l’acquario del mondo”: Baja California, il Mar di Cortez meta della mia avventura.

Si parte il 31 Ottobre per sfruttare la luna calante che coincide con la prima settimana di Novembre e la buona stagione per la pesca al wahoo, al tonno pinna gialla e ai grandi Marlin, il mio sogno nel cassetto, l’emozione che inseguo da anni: il grande marlin blu e quello nero. Rispettivamente denominati Makaira mazara, il blu marlin Indo-Pacifico e Makaira quello volgarmente definito nero; sono i due generi più grandi in assoluto appartenenti alla famiglia Istiophoridæ, due giganti con sembianze molto simili, quasi impossibili da riconoscere in acqua. Differiscono solamente per minimi dettagli nelle pinne pettorali, che nel blu sono retrattili, mentre sono sempre aperte nel nero. All’avventura partecipano Stephan, un caro amico francese di Bordeaux e Will, un altro ragazzo francese che non conosco ancora; March, Lio e Patrick di San Francisco. Io e Stephan resteremo in Messico per venti giorni, gli altri solo cinque.

A La Paz incontriamo Chay. Dopo un’ora e mezza di auto arriviamo a casa sua a El Serghento. Dopo una veloce cena a base di burritos andiamo subito a dormire. Il giorno dopo infatti ci sveglieremo di buon’ora, prepareremo le attrezzature e con calma partiremo per la prima uscita. Aperti gli occhi il giorno successivo mi stupì ritrovarmi nel bel mezzo del deserto che per il buio della notte precedente non avevo notato in tutto il suo splendore; il mare è a due passi, la natura mi circonda, il cemento un lontano ricordo. Chay ha un’organizzazione logistica invidiabile, non lascia nulla al caso, nemmeno il più piccolo particolare. Nella sua grande proprietà troneggia un capannone con un immenso tavolo da lavoro; è attrezzato con ogni sorta di utensile. Una zona del giardino è adibita con un gazebo, paranco e bilancia per la pesa delle prede, un ampio tavolo per il taglio delle carni, un’altra zona con un enorme barbecue e due forni per affumicare il pescato, frigo e congelatori oversize.Si parte!
Chay ci avverte che la stagione promette bene: sono già stati catturati grossi wahoo e marlin. I tonni pinna gialla tuttavia sono in netto ritardo.
Il Mar di Cortez
è per certi aspetti simile al Mediterraneo; infatti è un mare chiuso e molto profondo, le onde non sono lunghe come in oceano, le maree sono contenute e l’aria è fredda. L’inverno è arrivato e il deserto con il suo clima crea un’escursione termica notevole tra gelide notti e calde giornate. Anche l’acqua si è raffreddata velocemente tanto da richiedere la muta da 5 mm. I reef sono privi di corallo e caratterizzati da ampie franate miste a distese di sabbia.

Si possono incontrare cernie, enormi cabrilla e parghi (così i messicani indicano la Cubera) e ancora il il grande e curiosissimo ruster fish, un pelagico che arriva a pesare svariate decine di chili. Ha abitudini molto simili alla leccia e ama cacciare in pochi metri di fondo. Però noi siamo qui per la pesca nel blu pertanto esploreremo le zone intorno all’isola Ceralvo con i suoi promontori che cadono a picco, ideali terreni per il wahoo, le secche al largo con i cappelli affioranti dove riposano e cacciano colonie di foche e soprattutto andremo alle F.A.D.  (fish aggregation device) terreni di caccia ideali per i grandi marlin e i tonni. Le F.A.D. sono delle boe ancorate tramite un pesante sacco di sabbia ad alta profondità, in mezzo all’oceano; vengono posizionate dai pescatori professionisti secondo la stagione in determinati punti strategici. Appena sotto la boa legano una frasca, un ramo da palma da cocco che forma in pochissimo tempo un habitat naturale per la mangianza e il conseguente innesco della catena alimentare. A ogni F.A.D. viene fissata una boa più piccola con un grosso amo per la pesca allo squalo. Purtroppo è una tecnica molto lucrosa e quindi qualsiasi tipo di squalo viene insidiato dai professionisti locali, che vendono la pregiata pinna dorsale sul mercato asiatico. Navighiamo a bordo di un panga, in pratica un gozzo di 5 metri con un potente motore fuoribordo da 100 CV. Metteremo l’imbarcazione in acqua ogni mattina portandola in secca a fine giornata. La Ventana Bay è famosa per il windsurf e il kitesurf, il vento infatti quasi sempre presente è spesso in agguato, comincia a soffiare all’improvviso con raffiche fortissime che alzano le onde nel giro di poco tempo. A seconda dell’entità del suo soffio potremo mettere il panga in mare dalla spiaggia davanti a casa di Chay  o dall’unico approdo naturale protetto in zona, la Baia dei Morti raggiungibile in 40 minuti di viaggio sul fuoristrada. I primi due giorni porteranno all’avvistamento di pochi wahoo, di uno striped marlin da parte di Patrick e a nessuna cattura.

Per il vento siamo costretti a esplorare le zone a Sud rispetto all’isola di Ceralvo. Ma le zone ricche di pesce in questo periodo sono all’estremo opposto, a Nord dell’isola, praticamente irraggiungibili a causa delle onde. Il terzo giorno il vento è calato e il mare è liscio come l’olio. Finalmente si può partire! Gabbiani, avvoltoi e pellicani sono in ogni dove a perdita d’occhio, il loro stridere acuto spezza il silenzio che ci avvolge e accelera l’adrenalina. Oggi esploreremo il lato NO dell’isla de Ceralvo e la sua mitica Punta Nord. Il sole non è ancora sorto ed eccoci al primo drift: la corrente si fa sentire, ma non è impetuosa, la visibilità ottima. Mi dispongo controcorrente, le boe con la loro floating line sono distese alle mie spalle, il flasher lavora davanti. Passa pochissimo tempo e non credo a ciò che vedo. Un enorme branco di whaoo, con i pesci che sbucano da ogni dove, individui adulti, in coppia e solitari, è fantastico! Nel blu le profondità non sono quasi mai impegnative, a eccezzion fatta per determinati casi e particolari specie, l’azione per la maggior parte dei casi si svolge entro i 15 mt, anche meno. Tuttavia sono impegnativi sono i tempi d’apnea.

Non è facile calarsi in ambienti dove non si hanno punti di riferimento si sprofonda nel buio in una dimensione che sconcerta, spesso in balia di correnti talmente impetuose che ti trascinano via, offrendo solo pochi istanti per tentare l’azione.

La lotta con il wahoo
Il wahoo è un predone affascinante, che appartiene alla famiglia delle Scombridæ.
Si tratta di un pelagico particolarmente scaltro, difficilissimo da insidiare a traina e con la canna, un po’ meno sott’acqua. I pesci sono ovunque, si muovono alti e così il mio flasher lavoro intorno ai sei metri, non devo andare più a fondo e l’azione comincia. Lascio sfilare i più piccoli quando due esemplari di taglia mi puntano veloci e come al solito si fermano e fanno marcia indietro; non ha senso provare a inseguirli, un leggero colpo di coda fa loro percorrere 2÷3 metri come niente. Capovolta silenziosa senza snorkel in bocca (il suono delle bolle prodotte spesso li allarma), cerco di compiere solo i gesti essenziali, lentamente per tentare un aspetto a mezz’acqua. Niente da fare, le vibrazioni del mio corpo non interessano le prede, sono comunque tranquille, ogni movimento è ponderato e non spavento questi questi fantastici pelagici, che continuano a nuotare sornioni. I secondi passano veloci e provo a emettere un leggero suono con la glottide e i due whaoo, come per magia si fermano; il trucco li ha incuriositi, si girano e mi puntano decisi, lascio sfilare il primo e miro al secondo, che giudico più grosso; il mio doppio roller spara e non perdona centrato vicino all’opercolo! La reazione è furiosa, il wahoo è un nuotatore eccezionale e dotato di una forza mostruosa, una macchina votata all’alta velocità. Le due boe da 15 litri partono impazzite trascinate nell’abisso. Chiamo la barca, ripongo il flasher e il fucile, risalgo a bordo del panga e cominciamo a cercare le boe. La preda le ha trascinate molto distanti. Noto che la prima è perpendicolare rispetto alla superficie, segno classico che il pelagico è ben arpionato e tira ancora. Mi tuffo, stacco velocemente la seconda boa e lascio la prima e il bungee a rallentare le ultime sfuriate; poi salpo la preda con la massima calma, il primo wahoo messicano è vinto, peserà 32 Kg. É pomeriggio si rientra, siamo stanchi per l’azione di caccia e le tante emozioni provate, il vento ha cominciato ancora una volta a soffiare persistente e laggiù in lontananza, tra le onde con la cresta che si tinge di bianco, posso vedere gli sbuffi delle balene. Ci avviciniamo con cautela, un enorme branco di capodogli, nella loro eterna migrazione entra nella baia. Che giornata indimenticabile!
Le giornate si susseguono e la pesca è ricca. Imponenti branchi di acciughe si alternano a quelli di coloratissimi rainbow runners. Gli onnipresenti balestra,  le aguglie, gruppi composti da piccoli carangidi puntano decisi al flasher, i branchi di milk fish sfrecciano veloci, sono enormi; anche gli skipper jack, una sorta di tonnetto che in età adulta arriva a pesare 5 Kg ed è la preda d’eccellenza del grande marlin.
El tiburron ballena
Capovolta. Plano sprofondo nell’assoluto blu. Il branco si allarga, un vortice di schiene e riflessi argentati si apre, mi risucchia per poi richiudersi sopra di me, migliaia di pesci mi avvolgono. Catturo un un paio di lampughe sui 10 Kg per assaggiarne la carne prelibata. Un’altra giornata comincia; ho appena arpionato un wahoo, l’ho quasi salpato e mi accingo a stringerlo tra le braccia, ho la barca vicina, la chiamo e passo il fucile a bordo. Everardo mi dice di aspettare in acqua e finire l’azione con calma, andrà prima a recuperare Will e Stephan, anche lui sta salpando un esemplare. Mentre finisco la preda con il coltello, avverto alle mie spalle una presenza. Non credo ai miei occhi: uno squalo balena, è un giovane esemplare, ben disposto a giocare incuriosito dalla mia floating line, che assaggia a colpi di muso. Con una mano stringo le branchie del wahoo e con l’altra afferro la dorsale, comincia la cavalcata e sono attimi magici. Afferro la lunga coda e lui il gigante, anzichè scuotermi via, mi conduce in un balletto sinuoso.
Il “giovane” squalo balena. La foto è valsa a Luca un premio internazionale.
Il marlin!
Il tempo trascorre veloce, i compagni di viaggio sono partiti, siamo rimasti io e Stephan. Le catture di wahoo continuano copiose e puntiamo agli esemplari più grossi. Non ne vediamo più come all’inizio ed Everardo ci spiega che con l’avvicinarsi dell luna piena gli avvistamenti diventano sempre più rari. Poi succede qualcosa di strano: Stephan continua a vedere molti whaoo e io comincio a dubitare dei miei movimenti, magari qualcosa nei miei movimenti spaventa i pesci. Tuttavia non è cambiato nulla. Anche il giorno seguente si ripete l’identico copione,inoltre la visibilità non è buona, la corrente impetuosa, la noia mi assale non scorgo nemmeno l’onnipresente mangianza e le aguglie che solitamente mi circondano. All’improvviso un’ombra sulla destra scuote il mio torpore. É un marlin striato! Non è lontano e vedo bene la sua livrea blu e argento. Tento la capovolta ma so già che non ho chance di cattura perchè l’ho avvistato troppo tardi e non ho potuto anticipare la sua direzione di marcia quindi mi sfugge. Dopo un quarto d’ora un’altra ombra s’avvicina s’avvicina dallo stesso punto. Questa volta il predone è più defilato e profondo. Nuova capovolta, plano silenzioso cercando di accorciare la distanza e non credo ai miei occhi; è un gigante marlin blu. É la prima volta che vedo questo pesce. Un immenso esemplare. Tento un improbabile inseguimento con il cuore che mi batte all’impazzata. Un colpo di coda e sparisce lontano. Bellissimo! Everardo mi confessa che in tutta la sua vita mai gli era capitato di incontrare due marlin nello stesso giorno, lui che conosce il Mar di Cortez come le sue tasche e che pesca da quando era bambino. L’indomani anche Stephan avvista due marlin, riesce a portarne a tiro uno, ma calcola male la distanza. Decidiamo di concentrarci sui marlin, anche se insidiare solo questi giganti potrebbe risultare noioso nel caso di un mancato avvistamento. É pomeriggio dell’ennesimo giorno di pesca, la visibilità e sui 20 metri, la corrente non è forte. Dopo diverse ore sono stufo di vedere solo acqua, per fortuna la mangianza mi fa compagnia; scrutando in ogni direzione scorgo un’ombra alle mie spalle. Non riesco a capire che pesce sia a causa della visibilità, è un marlin!
Luca e il marlin
Non mi degna della minima attenzione lo intercetto intorno ai 15 mt arrivando a tiro. Sparo centrandolo a metà corpo. La reazione è furibonda, 60 lt di boe spariscono. Lo inseguiamo con la barca e restiamo a bocca aperta osservando gli spettacolari salti che compie fuori dall’acqua, voglio doppiarlo, mi tuffo e osservo ammaliato il potente pesce vela. Quando anche le mie forze sembrano cedere riesco a stringere la nostra preda che infine peserà 64 Kg. Le giornate a Ventana Bay procedono veloci, abbiamo catturato molti wahoo e a casa di Chay si è pensato di offrire il pesce in beneficenza ad una associazione che si occupa di bambini orfani e persone indigenti. Siamo al quindicesimo giorno, oggi si va su una secca con il cappello affiorante, dove vive una nutrita colonia di foche. Everardo studia la corrente e altri segni indicatori, ci concentriamo in un drift sul lato nord che si estende per diversi km prima di sprofondare nell’abisso. É pieno di wahoo. Un’ombra si materializza dal nulla. un razzo che punta dritto il tonnetto legato al mio flashar e con una poderosa morsicata lo fa suo, una foca. É distante dal pinnacolo su cui vive e mi verrà spiegato che per procacciare il cibo necessario per i cuccioli, le foche si spingono in mare aperto. Ci avviciniamo al cappello affiorante, l’odore è nauseabondo, il reef è abitato da migliaia di specie. Lascio il fucile e mi armo della mia telecamera. La corrente è fortissima, un solo drift mi consentirà di passare vicino all’isolotto e riprendere queste simpatiche creature. Alcune foche dormono pigre all’asciutto, altre sono in acqua, come mi vedono mi puntano decise, sono enormi, nuotano velocissime. Giocano? Spero di sì…! Sono simpaticissimi, bighellonano in una posizione curiosa, a mollo a pancia in su con la testa roteata. Un altro incontro che mi ha lasciato un segno indelebile. Basta così per oggi. Recupero il fucile e mi appresto a tornare sulla barca, quando sento Stephan urlare, l’istinto mi fa voltare: un enorme marlin blu mi osserva quasi immobile. Pretendo di non farci caso, lo osservo con la coda dell’occhio cercando di non fissarlo, ho il cuore in gola. Questo è il sogno che ho inseguito per vent’anni ed è parcheggiato davanti a me. Mi immergo senza alzare una goccia d’acqua, non ho nemmeno il tempo di inspirare a dovere, infatti so che ogni secondo è prezioso se voglio avere qualche chance di arrivare a tiro. Il gigante comincia a nuotare lentamente, è a 15 mt di distanza, a una profondità di appena 3 mt. Everardo lo scorge dalla barca e lo stima sui 5 mt di lunghezza. Plano nel blu, tento di avvicinarmi sorprendendolo dal basso, visto che nuota altissimo. Non è spaventato, non tenta accelerazioni improvvise e questo è buon segno. Guadagno metri preziosi e lui, imperterrito, nuota lentamente; ormai 7 metri mi separano dal gigante, ma non ho il tuna gun, sono armato con il doppio roller che è un’arma micidiale ma non so se sarà sufficiente a trapassare questa montagna di muscoli. Sparo, lo centro a metà corpo; la reazione è furiosa, meno male che il set up boe un bungee è studiato per questo gigante. 60 litri di boe spariscono in un istante, sono in mare aperto, sottol e pinne ho centinaia di metri d’oceano e il rostrato. dritto il fondo. In passato ho visto boe solide da 50 lt completamente schiacciate dalla profondità da cui il marlin ferito le aveva portate. Salgo in barca. Non posso fare molte cose, solo sperare: le bon si vedono più, non ci rimane che l’attesa. Dopo oltre un’ora, le scorgiamo in lontananza, ma è trascorso poco tempo e questo è davvero un brutto segno. Sono parallele alla superficie, temo che l’esemplare si sia liberato. Recupero velocemente la floating line per capire cosa è andato storto: il set up ha tenuto bene, ha ceduto il gancio che tiene collegata la floating line e il bungee al cavo d’acciaio che uso come finale. Un gancio a molla comperato in un negozio specializzato in articoli per montagna e alpinismo, il moschettone è completamente divelto. La vacanza è finita, gli ultimi giorni saranno dominati dalla luna piena e dalla sua influenza sul mondo marino. É stata un’avventura mozzafiato con le grandi prede catturate, per il mare di Cortez che rimane “l’acquario del mondo”, uno dei mari più ricchi in assoluto.

 

 

 

 

 


Dedico a mio padre e al padre di Luca questo articolo, che al mare hanno dedicato parte della loro vita e che adesso pescano insieme nelle altissime praterie di posidonie.

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